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PROCREAZIONE ASSISTITA – METRO

Io ho diritto. Io ho diritto. Io ho diritto. Sembra che ormai esista solo questo slogan e dilaghi come un virus autoreplicante. Una società senza regole è una società in cui si pretende tutto ciò che si vuole, come dei piccoli bambini, basandosi solo sul principio egoistico: “lo voglio quindi mi si deve dare”. È quanto si osserva a proposito della legge sulla procreazione assistita. Le voci di protesta contro la decisione di regolamentare la nascita di un bambino con l’aiuto di strumenti tecnico sanitari, suonano come il grido di un ragazzino viziato che tutto vuole e tutto gli è dovuto. Urlando i propri “diritti”, coloro che non vogliono una regolamentazione ignorano, di fatto, i diritti sacrosanti di un bambino che nascerà in questo mondo narcisistico e martoriato dall’incapacità di tollerare una rinuncia. Si urla da più parti che la donna single deve avere il “diritto” di avere un figlio e si ignora il diritto di quel figlio di avere un padre! Si grida che la coppia che non può procreare ha il diritto di avere bambini anche con l’eterologa, vale a dire con il seme di un donatore che non è quello dell’uomo della coppia. Cosa si dirà poi a quel bambino? Tuo padre non sono io ma qualche sconosciuto sperso in chissà quale parte del mondo! Si rivendica il “diritto” di affittare un utero, come si noleggia una vettura o si loca un appartamento. Cosa si dirà a quel figlio? Per nove mesi sei stato nutrito e fatto nascere da un’altra “madre”. Oppure sarebbe tutelato un bambino che viene fatto nascere artificialmente da una madre ultrasessantenne? È paradossale che si parla fino alla nausea della tutela dei minori, ma di fatto non mi sembra che sia così: riviste e film porno alla portata di tutti i bambini, una televisione con programmi diseducativi sul concetto dell’amore e del rapporto di coppia in cui non c’è rispetto reciproco e dignità, in cui il pettegolezzo e il fenomeno “guardone” hanno preso il posto della gioia e del piacere. Chi non è capace di provare piacere col proprio corpo è costretto a guardare gli altri. Così il principio narcisistico dilaga e continua a ripetere: io ho diritto. Non credo che la tutela dei bambini si basi sulla punizione di un genitore che dà uno schiaffo, una tantum, al proprio figlio. Ben altre sono le necessità di un bambino. Primo di poter avere un padre e una madre, poi di essere introdotto in un mondo sano in cui amore e sesso siano integrati, in cui gli vengano detti dei si e dei no nel rispetto della sua identità ma pretendendo, a sua volta, il rispetto delle regole. La violazione di questi princìpi porta a una società onnipotente composta da persone che si credono onnipotenti poiché possono fare tutto ciò che vogliono. È noto che l’onnipotenza è semplicemente l’altra faccia dell’impotenza, e l’impotenza genera frustrazione e rabbia, la stessa rabbia che si legge negli occhi di coloro che gridano il diritto di avere un figlio calpestando i bisogni del nascituro. Questa visione distorta del “diritto” crea una lesione nei bambini i quali, domani, saranno adulti: quale società potranno creare?